Il 2021 è stato un anno negativo per l’azionario cinese e anche questo primo scorcio di 2022 non sembra migliore. Ma potremmo forse essere a un punto di inversione. Potremmo essere cioè vicini a un entry point sull’azionario della Cina.

“L’attuale ripresa positiva, innescata dall’incoraggiante discorso del vice premier Lui He a metà marzo, evoca un déjà-vu che ci rimanda al 2016, un anno il cui inizio è stato caratterizzato da correzioni significative nei titoli azionari cinesi, per poi far registrare performance positive per questi mercati azionari verso la fine dell’anno, dopo aver toccato livelli minimi” commenta Gergely Majoros, membro dell’Investment Committee di Carmignac.

“Le valutazioni attualmente interessanti di alcuni segmenti specifici di questi mercati costituirebbero un buon entry point per gli investitori e, soprattutto, il lancio di un programma di stimoli economici più significativi, necessari per raggiungere il “solito” target di crescita del PIL del 5%, potrebbe anche fungere da driver per il mercato”.

il vice premier Liu He, a capo del meeting del Comitato per la Stabilità Finanziaria e lo Sviluppo, ha infatti sorprendentemente trattato tutte le questioni fondamentali del mercato in maniera molto convincente.

“Per quanto riguarda la futura regolamentazione delle piattaforme internet cinesi, ha annunciato una spinta normativa verso un “regime a semaforo” e l’intenzione delle autorità di agevolare un sano sviluppo di tali società attraverso una regolamentazione trasparente” spiega infatti Majoros.

“Ha anche affrontato le questioni del frammentato settore immobiliare cinese, meglio rappresentato da Evergrande, sottolineando che il sostegno al credito per il settore potrebbe essere intensificato, soprattutto per le imprese edili. Inoltre, ha anche sottolineato che i policymaker cinesi continueranno a sostenere le quotazioni all’estero e a proporre un piano concreto per superare l’attuale problema della revisione dei documenti di audit da parte delle autorità statunitensi, ridimensionando così i timori di un delisting disordinato delle società cinesi negli USA. Infine, ma non per questo meno importante, ha ribadito che l’intenzione dei politici di garantire il mantenimento della crescita economica entro un range ragionevole, fornendo “risposte efficaci” in tema di politica monetaria per far sì che la crescita dei prestiti resti appropriata”.

L’Asia e la Cina in particolare sono guidati da megatrend demografici importanti, di cui beneficiano soprattutto le cosiddette A Shares. Ecco perchè potremmo essere vicini a un entry point sull’azionario della Cina.

“Negli ultimi 30 anni, ci sono stati probabilmente 10 eventi geopolitici chiave che hanno causato differenti livelli di correzione su diversi mercati regionali – interviene Xiaolin Chen, Head of International di KraneShares – Quello che abbiamo osservato è che le azioni cinesi, e in particolare le A-shares, hanno la tendenza a essere più difensive quando il rischio geopolitico aumenta. Riteniamo che questa volta la Cina, come tutti gli altri mercati azionari, non sarà immune alla volatilità, ma crediamo che la portata del sell off sarà minore rispetto agli altri mercati per tre ragioni.

In primo luogo, la Cina ha una natura idiosincratica nell’elaborazione delle politiche economiche, e non ha esaurito e nemmeno utilizzato completamente gli strumenti a disposizione per sostenere la crescita del Paese. Il sottoutilizzo del bilancio statale dell’anno scorso, le abbondanti riserve, e la poca leva finanziaria sulla liquidità bancaria sono opzioni cui i policymaker possono facilmente attingere, se necessario, per iniettare liquidità nel mercato.

Poi, le aziende cinesi hanno un modello di business focalizzato sul mercato interno e le entrate sono alimentate da milioni di clienti nella Cina continentale, quelle generate dall’estero sono a una sola cifra, circa il 6-8% secondo i dati di Wind.

Infine, è improbabile che momenti di risk off provochino dei deflussi consistenti dall’azionario cinese, dato che la percentuale detenuta da investitori esteri è ancora ridotta, intorno al 4,5%, come pubblicato da Wind. E, in generale, i portafogli globali sottopesano ancora la Cina di circa 450 punti base rispetto al benchmark, secondo EPFR. Queste caratteristiche ci rassicurano sulla ridotta probabilità di deflussi significativi dall’azionario cinese”.

Ci sono poi altre caratteristiche interessanti.

Storicamente le correlazioni di rendimento tra le A-Shares cinesi e i mercati azionari globali sono basse, il che suggerisce un impatto potenzialmente inferiore nel caso di un sell-off globale. Tuttavia questo non significa che non possa esserci volatilità delle azioni cinesi.

Anche se i prezzi delle materie prime aumentano a causa soprattutto del petrolio e dell’energia, l’impatto sull’inflazione cinese è limitato, visto che il paniere è dominato dalla componente alimentare e le importazioni cinesi in quest’ambito sono ridotte.

A livello domestico, in Cina, le correlazioni dei rendimenti tra i diversi settori hanno raggiunto livelli elevati, segnale che i fattori macroeconomici stanno guidando i rendimenti azionari. Secondo la nostra opinione questo potrebbe continuare, ma con un angolo più costruttivo rispetto all’anno scorso.

Di Massimiliano Malandra

Co-founder di questo sito. Analista fondamentale e quantitativo, socio Aiaf e giornalista professionista dal 2002. Esperto di approccio risk parity. Autore di vari libri.