C’è una ricerca del Wall Street Journal che inizia a porre seri dubbi sui costi competitivi dell’auto elettrica e riportata da Phastidio.net. La simulazione, effettuata in Germania, rileva un costo a una stazione di ricarica rapida di Tesla di 0,71 eur/Kwh per una Model 3, quindi 18,46 euro per circa 160 km di autonomia. Una Honda Civic benzina costerebbe 18,31 euro di benzina per la stessa percorrenza.

Ma già ora modelli endotermici tradizionali possono arrivare a costare meno dei veicoli elettrici, anche all’interno della stessa casa automobilistica. In tutto questo, vi è la necessità di maggiori soste per ricaricare gli EV e soprattutto la disponibilità di colonnine di ricarica. Senza contare che il freddo impatta notevolmente sulle batterie e la loro capacità di tenuta.

Secondo uno studio, a 32°F (zero gradi Celsius), una Tesla Model 3, con una ricarica completa, passa dalle 282 miglia (in condizioni normali teoriche) a 173 miglia di autonomia. E a 5°F (-15°C) i veicoli elettrici arrivano quasi a dimezzare l’autonomia teorica (-46%).

Negli Stati Uniti una legge del 2021 sugli investimenti infrastrutturali ha stanziato 7,5 miliardi di dollari in sovvenzioni agli stati per espandere la rete delle colonnine, che dovrebbero trovarsi ogni 50 miglia sulle autostrade. Il problema è che la maggior parte delle reti elettriche statali non è attualmente in grado di reggere il carico aggiuntivo. Quindi, oltre alle colonnine, sarà da investire anche sulla rete elettrica.

Phastidio cita anche un paper dell’Electric Power Research Institute che evidenzia come la non standardizzazione delle colonne di ricarica porti necessariamente a nuovi costi e aggiornamenti.

Ma anche alcuni stati stanno rivedendo i propri giudizi sulle auto elettriche e ibride. In Svezia, dopo 4 anni, è stato cancellato il bonus per l’acquisto di auto elettriche (che ormai valgono il 50% del parco auto); la Germania lo ha cancellato per le ibride e mantenuto solo per le “Bev” (ovvero quelle full electric). Infine la Svizzera sta studiando vari scenari di allerta in caso di crisi energetiche che potrebbero prevedere anche il fermo delle auto elettriche (tranne il caso di spostamenti indifferibili, tra cui lavoro o visite mediche). E anche in Norvegia si stava riflettendo sulla possibilità di cancellare gli incentivi (niente Iva, pedaggi e parcheggi a prezzi ridotti).

Infine, la produzione sempre più serrata di auto elettriche ha portato a un aumento stellare dei prezzi del litio, la cui domanda raddoppia di anno in anno. Ne avevamo parlato qui.

“L’auto elettrica ha un problema: si chiama litio, ormai definito l’oro bianco” spiega un articolo di Vaielettrico.

“È un metallo non raro (è il quarto elemento più diffuso sul Pianeta), ma viene estratto in quantità insufficiente ad alimentare il recente boom di richieste per le celle batteria.

Già a questi volumi la disponibilità scarseggia, tanto che il prezzo ha superato i 575 mila dollari a tonnellata: più del doppio rispetto all’inizio dell’anno. Cinque anni fa, nel 2017, costava 39.000 dollari a tonnellata. L’impennata della domanda e dei prezzi è interamente dovuta alla richiesta di carbonato di litio per la produzione di batterie per auto BEV e PHEV, che copre circa il 60% del totale”.

Secondo il report di Adams Intelligence, l’Asia-Pacifico assorbe 49mila tonnellate di litio (il doppio del 2021), l’Europa 16.600 tonnellate (+18%) e le Americhe 11.300 tonnellate (+70%). Il 58% di tutto il carbonato di litio equivalente è finito in Cina, il 13% negli Stati Uniti e il 6% alla Germania.

“Insieme, questi tre paesi hanno monopolizzato il 77% del mercato globale, rispetto al 71% combinato nel terzo trimestre del 2021” concludono da Vaielettrico.

Di Massimiliano Malandra

Co-founder di questo sito. Analista fondamentale e quantitativo, socio Aiaf e giornalista professionista dal 2002. Esperto di approccio risk parity. Autore di vari libri.