L’obiettivo dell’Europa è arrivare al 2050 a essere il primo continente a impatto zero sul clima, ma questo comporta necessità di energie rinnovabili che a loro volta portano volatilità dei prezzi sulla via del Net Zero. Tematiche che si rifanno ai megatrend climatici e ambientali.

Certo, gli incentivi dell’UE sono di sprone, ma le prospettive degli impulsi di crescita che stanno emergendo attraverso una rivoluzione verde sono più importanti che mai calati nell’attuale contesto dell’economia globale.

Incentivi ma non solo

“L’UE ha messo insieme un pacchetto di misure di portata storica su questo fronte, con un quadro finanziario di oltre 1,8 trilioni di Euro” entrano nei dettagli da Aquila Capital, società di gestione leader nel settore dei real asset.

“Di conseguenza, l’UE ha rivisto gli obiettivi di emissioni fissato il 2030 ad un nuovo livello. Gli obiettivi di riduzione sono stati aumentati di 15 punti percentuali fino all’attuale 55% e gli obiettivi per la quota di produzione di elettricità rinnovabile sono stati portati al 65% nell’ambito di queste revisioni. Il 30% della dotazione finanziaria, pari a 547 miliardi di euro, deve essere investito esclusivamente in progetti verdi, mentre il restante 70% è soggetto alla regolamentazione “do-not-harm”. Infine, in Europa, c’è anche un sostegno aggiuntivo attraverso programmi nazionali di recovery, che s’innestano all’interno del filone della green recovery.

Attualmente, l’UE è responsabile di più di tre quarti degli stimoli verdi su scala globale. Se sommati ai bilanci nazionali di Germania, Francia e altri Paesi membri, nonché del Regno Unito, la quota ammonta a circa il 90% a livello mondiale. Tuttavia, gli incentivi derivanti dalle prospettive di crescita e soprattutto gli effetti sproporzionatamente positivi sul mercato del lavoro saranno seguiti da altri Paesi. In tutto il mondo, i pacchetti di stimolo post-pandemica approvati fino ad oggi si aggirano intorno ai 14 trilioni di dollari, ma solo il 7% di essi sono esplicitamente destinati agli investimenti verdi, mentre l’8% è destinato a settori ad alta intensità di CO2.

Finanziamenti e capitali privati

Stiamo parlando di masse di denaro enormi, anche per un colosso economico come l’Unione Europea, tuttavia le esigenze di finanziamento per raggiungere gli ambiziosi obiettivi del 2030 sono obiettivamente molto più grandi.

“Secondo un documento della Commissione europea, ci sono gap in termini di investimento nei vari settori per un totale di 470 miliardi di euro all’anno per il periodo 2021-2027: inoltre, tali gap d’investimento si basano ancora su un calcolo che si riferisce al vecchio obiettivo di riduzione del 40% delle emissioni e quindi la domanda corrispondente di 460 miliardi di Euro è ancora assolutamente sottostimata se aggiornata ai rinnovati standard” continuano dalla società di gestione tedesca.

“Secondo uno studio di Bloomberg New Energy Finance, l’obiettivo di aumentare la quota di generazione elettrica rinnovabile al 65% richiede da solo investimenti in capacità di generazione rinnovabile pari a 350 miliardi di euro all’anno entro il 2030. Il bilancio dell’UE copre al meglio le esigenze di investimento di un anno, anche se ad oggi l’UE spende di gran lunga di più specificamente per progetti verdi in un confronto sus cala globale. L’esempio dell’UE mostra che il successo dipende in gran parte dall’attivazione del capitale privato. Mentre la domanda di investimenti alternativi sostenibili continua a crescere, è compito degli Stati continuare a garantire condizioni quadro stabili per mantenere o aumentare la resilienza e l’attrattiva degli investimenti stessi. L’uso efficiente e mirato degli investimenti governativi sarà misurato da ulteriori incentivi per gli investitori privati”.

Come muoversi sulla via di net zero?

Per raggiungere effettivamente l’obiettivo delle emissioni nette zero, non è sufficiente sovvenzionare esclusivamente l’espansione del ricorso alle energie rinnovabili.

“Se i vantaggi in termini di costo non si riflettono nel valore di mercato, la dipendenza dai sussidi continua ad esserci e grava sempre più sui bilanci statali e sulla competitività degli utenti finali, mentre l’impegno degli investitori privati viene smorzato dai rischi normativi” aggiungono da Aquila Capital.

“Proprio come i sussidi statali hanno rimosso le barriere di mercato nel settore delle rinnovabili e hanno aiutato le tecnologie a diventare commerciabili e altamente competitive, gli investimenti nelle nuove tecnologie vanno sovvenzionati per aumentare il funzionamento dei mercati dell’energia. L’obiettivo è quello di rendere più flessibile la domanda e l’offerta”.

Rinnovabili e volatilità

Tuttavia, a causa della dipendenza al momento non controllabile delle energie rinnovabili dalle condizioni meteorologiche, la loro scalabilità è pur sempre molto limitata, di conseguenza, c’è un eccesso o un difetto di offerta alla base.

Si tratta di una volatilità che si riflette nei prezzi dell’energia. Infatti, la quota crescente di energie rinnovabili impatta sulla volatilità dei prezzi che aumenta, con un numero crescente di picchi di prezzo e prezzi con segno meno in caso di eccesso di offerta.

“I sussidi e gli accordi privati di acquisto sul fronte dell’energia assicurano entrate stabili per i produttori di energia rinnovabile, ma sospendono i meccanismi dei prezzi. Per stabilizzare l’espansione globale, limitare la necessità di sussidi e garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, è necessaria una revisione. Tuttavia, alla luce degli sforzi globali, diventa chiaro quale mercato di vendita è disponibile per le soluzioni corrispondenti. In questo contesto, i programmi di stimolo economico mirati possono ottenere il massimo effetto a lungo termine e, inoltre, realizzare l’idea del net-zero, che a volte viene screditata come fosse una vera e propria utopia.

Ecco perché si può definire come una vera e propria corsa verso la net-zero economy” concludono da Aquila Capital.

Di Massimiliano Malandra

Co-founder di questo sito. Analista fondamentale e quantitativo, socio Aiaf e giornalista professionista dal 2002. Esperto di approccio risk parity. Autore di vari libri.