Oggi vi proponiamo una nuova dettagliata analisi della situazione economica di Maurizio Novelli, gestore del fondo Lemanik Global Strategy che i nostri lettori e le nostre lettrici ben conoscono e apprezzano da tanto tempo. Ogni articolo di Novelli fa il pieno di click e questo ci fa molto piacere!

Giusto per sintetizzare l’analisi di Novelli, i dati attuali sulle insolvenze mostrano che il sistema finanziario Usa è messo più o meno come nel 2006/2007 e secondo l’autore, chi è in default ora rimarrà in default anche con i tassi più bassi e le perdite già in circolazione non potranno essere modificate dal livello dei tassi d’interesse. E’ anche interessante vedere la differenza tra l’azione della Fed e l’azione della Bank of Japan, che ha confermato di voler creare inflazione per svalutare il debito pubblico e a differenza degli Usa può farlo perché non ha la divisa di riserva e può svalutare lo Yen come vuole.

Quest’ultima frase, “può farlo perché non ha la divisa di riserva e può svalutare lo Yen come vuole” ci rimanda sia al discorso sul ruolo del Dollaro USA e sulla dedollarizzazione del mondo trattata in un paio di saggi che vi abbiamo proposto nei giorni scorsi, sia all’analisi “Speciale Giappone” sullo stato di salute del Giappone che abbiamo pubblicato un mese fa raccogliendo il contributo di tre gestori patrimoniali.

Maurizio Novelli – Fonte: Lemanik

Introduzione

L’analisi di questa tabella, pubblicata dal sito americano di analisi bancaria BankRegData, ci fornisce una esaustiva informazione di come un singolo segmento del credito contribuisce ai rischi di sistema. Circa 3.660 banche americane hanno una esposizione compresa tra il 139% e il 233% del loro capitale di rischio al solo settore del Commericial Real Estate (CRE). Complessivamente, l’esposizione media di tutte le istituzioni bancarie è pari al 107% del capitale di rischio, evidenziando come un solo settore dell’economia possa incidere così pesantemente sui rischi di sistema.

Fonte: Lemanik

Ma come sappiamo le banche non fanno business solo sul CRE. Ci sono altri segmenti del credito che implicano rischi sul capitale di vigilanza: il credito al consumo, i prestiti alle imprese, i finanziamenti a Private Equity, la sottoscrizione di Leverage Loans, l’investimento in cartolarizzazioni (ABS, MBS e CLO) e titoli di stato. Quello che non sappiamo è il livello di potenziali insolvenze presenti su tali attività, dato che gli ultimi due trimestri di pubblicazione dei bilanci bancari si limitano solo a calcolare margine d’interesse e commissioni attive. Tutte le altre voci sono valutate al fair value

Boom delle insolvenze

Le insolvenze hanno iniziato a salire in modo pronunciato da circa sei mesi sul credito al consumo e le bancarotte sono sui massimi dal 2008, tuttavia non si riesce a capire chi ha finanziato coloro che stanno saltando, dato che nessuno evidenzia perdite.

Le insolvenze dichiarate dalle banche sono al 2%, quelle sul Private Credit (rating medio da CCC a B-) sono all’1%, quelle sulle cartolarizzazioni non si conoscono. Analizzando questi numeri si può facilmente sospettare che l’intero sistema finanziario degli Stati Uniti è messo più o meno come nel 2006/2007. Anche i dati sull’economia confermano che qualcosa non funziona. Perché il governo americano fa interventi fiscali del 7% del Pil ogni anno in un’economia che (apparentemente) è forte? Come mai la Fed attiva linee di credito straordinarie (Credit Discount Window) che sono state implementate solo durante la crisi del 2008? Perché le banche falliscono se l’economia è solida? Come mai i tassi d’insolvenza sul credito al consumo salgono se siamo in piena occupazione? Perché i principali leading indicators dicono che siamo già in recessione, mentre il Pil evidenzia crescita? Perché il presidente uscente rischia di non essere rieletto (e sarebbe la prima volta) se l’economia va così bene?

La storia si ripete ma la dimensione dei problemi è sempre maggiore del passato. La tecnica del “dare il calcio alla lattina giù per la strada” (kicking the can down the road) ha trasformato la lattina in un bidone e il bidone sta diventando un container. A questo punto si capisce come mai la Fed ha tutta questa fretta ad abbassare i tassi anche se l’inflazione da due mesi sale anziché scendere. In sostanza credo che i policymakers si stanno rendendo conto dei rischi di sistema accumulati in 14 anni di QE e si sono accorti che il sistema non regge i tassi al 5% (ma forse neanche al 3%). Quando ci sbandierano sotto il naso l’indice delle condizioni finanziarie pubblicato dalle principali banche d’investimento, si tende a far credere che le condizioni finanziarie sono espansive (ma allora perché la Fed vuole far scendere i tassi?). Questo serve a “ingannare” gli algoritmi e sostenere la propensione al rischio, ma dubito fortemente che la maggioranza di coloro che guardano a quell’indice siano consapevoli di come è costruito. Nel frattempo, banche e Shadow Banking stanno nascondendo perdite sistemiche, esattamente come nel 2006 e nel 2007, in attesa che il quadro macro possa migliorare. Ma se il quadro macro Usa è già “buono” adesso, che tipo di miglioramento ulteriore è necessario?

L’illusione Nvidia

La borsa è letteralmente “appesa” a Nvidia e questo meccanismo di concentrazione serve a trasmettere una falsa sicurezza nel sistema finanziario. Sono fermamente convinto che chi è in default ora, rimarrà in default anche con i tassi più bassi e le perdite già in circolazione non potranno essere modificate dal livello dei tassi d’interesse. Quando la Fed ha iniziato il QE in seguito alla crisi del 2008 i tassi di default sono saliti fino al 2010. Chi era insolvente nel 2007 non è stato salvato dai tassi a zero e dal QE introdotti due anni prima.

Ho già ampiamente illustrato in dettaglio in precedenti note mensili come è composto lo stock colossale di credito speculativo (circa il 50% del Pil) che circola nell’economia Usa, anche se una parte è stato certamente sparso anche in Europa e Giappone tramite l’attività di “consulenza” svolta dall’investment banking. Gli accadimenti in corso non fanno che confermare ogni giorno il mio scenario base: Balance Sheet Recession provocata da eccesso di debito speculativo nel sistema. Mentre Nvidia sale, il sistema finanziario conferma di giorno in giorno, in modo inesorabile, tutto quanto era già stato ampiamente descritto in queste note: 1) le banche cedono sotto il peso dei crediti inesigibili, 2) il credito all’economia si ferma, 3) le insolvenze salgono, 4) la spesa pubblica interviene, 5) le statistiche sul Pil vengono “massaggiate” per evitare la recessione, 6) la Fed deve interrompere la lotta all’inflazione. Proprio su questo ultimo punto critico ci giochiamo le ultime fiches alla “roulette finanziaria” che abbiamo creato negli ultimi anni. Prima di avere una crisi la Fed interromperà la lotta all’inflazione e dovrà passare da una posizione “davanti alla curva dei rendimenti” a “dietro la curva”, cercando di reflazionare un sistema in crisi. Ultimo tentativo per evitare la Balance Sheet Recession. Purtroppo questa scelta, inevitabile, produrrà ulteriore instabilità sui mercati finanziari, sui tassi del debito Usa e sul dollaro. Reflazionare quando la brace dell’inflazione è ancora accesa sotto la cenere procurerà ulteriore instabilità finanziaria sui tassi a lunga scadenza, generando pressioni ribassiste sui Treasuries, modificando l’inflazione attesa e procurando un ulteriore aumento dei tassi a lunga scadenza. Dopo aver scontato un calo dei tassi, gli operatori del mercato dei bonds cominceranno a prezzare una ripresa strutturale dell’inflazione dopo oltre 40 anni di disinflazione.

Differenze col Giappone

Tutto il debito accumulato non è ripagabile ma è svalutabile. Il movimento rialzista sull’Oro non è neanche cominciato. Anche la Bank of Japan ha di fatto implicitamente confermato nell’ultimo meeting che la strategia è creare inflazione per svalutare il debito pubblico accumulato in 30 anni di deflazione e Balance Sheet Recession. Il Giappone può farlo perché non ha la divisa di riserva e può svalutare lo Yen come vuole. Il Giappone ha un avanzo con l’estero pari all’80% del Pil e gli investimenti finanziari fuori dal Giappone, rivalutandosi, mantengono solvibile il sistema pensionistico e finanziario. Gli Stati Uniti devono invece decidere cosa preferiscono avere tra inflazione, bolle finanziarie “intoccabili”, costo del debito prevalentemente finanziato dall’estero e dollaro forte. Tutte queste cose assieme è difficile averle. Se devi reflazionare, i tassi sul debito salgono e la bolla finanziaria salta subito dopo, se non vuoi reflazionare avrai una Balance Sheet Recession e una crisi economica, se fai la lotta all’inflazione avrai dollaro forte, curva invertita e rischio di recessione indotto da una crisi delle banche e dello Shadow Banking System. Gli investitori scelgano in quale scenario si sentono più a loro agio, ma la soluzione finale è che il conto lo paga chi ha l’equity e/o chi ha finanziato il debito di questo sistema.

Foto di Foto di Joshua Woroniecki su Unsplash