Mangiare sta diventando molto costoso, tanto da poter esclamare “Dieta, quanto mi costi!”. E anche soddisfare le proprie golosità è sempre più caro. Il costo del cacao ha registrato un aumento del 230% a livello mondiale rispetto alla scorsa Pasqua, e +272% se comparato al 2022. L’analisi è degli esperti di eToro.

Un uovo al cioccolato, più che dolce, un po’ salato. Secondo i dati raccolti e analizzati dalla piattaforma di investimento eToro, festeggiare la Pasqua con il classico uovo di cioccolato sarà infatti più costoso per le famiglie, in virtù di un aumento più che significativo dei prezzi del cacao, quasi triplicato rispetto al 2022. 

E se l’impatto del rincaro tra 2022 e 2023 si fa comunque sentire nel portafoglio delle famiglie, nonostante fosse limitato a un +14%, i livelli raggiunti di recente fanno presagire una Pasqua 2025 decisamente meno dolce. In questo mese di marzo i futures del cacao continuano ad aggiornare i propri massimi, sfiorando addirittura quota 10.000 dollari a tonnellata, con un guadagno mensile di circa il 50%. All’inizio della settimana di Pasqua 2024, la quotazione del cacao era di 9.656 dollari a tonnellata e ciò rappresenta un aumento del 230% rispetto alla Pasqua del 2023 e del 272% rispetto a quella del 2022.

Questo incremento è stato causato dallo scarso raccolto nei principali paesi produttori, Costa d’Avorio e Ghana, che ha provocato carenze di approvvigionamento sul mercato. Il fenomeno climatico El Niño ha portato forti piogge nel mese di dicembre, causando danni alle coltivazioni e la diffusione della malattia del baccello nero. Inoltre, il successivo caldo estremo, l’invecchiamento delle piante di cacao e l’estrazione illegale hanno ulteriormente ridotto la produzione.

Il Ghana ha rivisto al ribasso le sue previsioni di produzione di cacao, portandole a 650.000 tonnellate rispetto alle 850.000 tonnellate precedentemente previste per l’anno in corso. Nel frattempo, l’ente regolatore del cacao della Costa d’Avorio ha dichiarato di attendersi una riduzione del 33% nel raccolto intermedio del paese, che inizia ufficialmente ad aprile e rappresenta il più piccolo dei due raccolti annuali, con una stima di 400.000 tonnellate rispetto alle 600.000 tonnellate dell’anno precedente. Recentemente, inoltre, sono stati segnalati casi in cui alcuni stabilimenti di lavorazione del cacao nei due Paesi hanno interrotto o ridotto le loro attività a causa dell’incapacità di acquistare semi di cacao.

L’impennata di costi del cacao si ripercuote inevitabilmente sui produttori di cioccolato e sui rivenditori di prodotti alimentari, che stanno trasferendo i costi più elevati sui consumatori.

Ben Laidler, Global Markets Strategist di eToro, commenta: “Negli ultimi due anni, i prezzi del cacao sono saliti alle stelle. Già all’inizio di quest’anno, in una sola settimana, abbiamo assistito a un’impennata di oltre il 10%. Purtroppo, per gli amanti del cioccolato e per le famiglie che faranno incetta di uova in vista della Pasqua, ciò si tradurrà in un aumento notevole dei costi nei negozi e nei supermercati. I rivenditori continuano inoltre a lottare contro l’aumento dei costi di imballaggi, trasporto e manodopera, che inevitabilmente si ripercuoteranno sui consumatori.”

“I costi elevati sembrano destinati a persistere, dato che produttori e rivenditori dovranno rimpiazzare le scorte più economiche con quelle dal costo più elevato. Inoltre, il prossimo raccolto di cacao non è previsto prima di ottobre, e la nuova produzione potrebbe richiedere fino a 5 anni prima di poter essere portata a termine,” prosegue Laidler.

L’inflazione alimentare colpisce anche chi vuole passare la Pasqua in casa

Oltre ai rincari del cacao, a pesare sul portafoglio delle famiglie italiane è anche l’inflazione alimentare, che colpisce i prodotti più popolari nelle tavole del Bel Paese. eToro elabora un indice che monitora l’evoluzione dei prezzi dei beni che compongono una sana dieta mediterranea. Si tratta di un paniere equilibrato che include alimenti come pane, riso, cereali, pasta, frutta, verdure, olio d’oliva, latticini, pesce fresco, frutta secca, pollame, uova, vino e acqua minerale. Dall’analisi di tale indice vediamo il raggiungimento di nuovi massimi.

E’ interessante notare come l’aumento dei prezzi per questi alimenti è stato più rapido rispetto ai rincari registrati sui prezzi di ristoranti e junk food (o cibo spazzatura). L’indice della Dieta Mediterranea ha registrato, infatti, un incremento del 34% a gennaio 2024, valore che si confronta con il +20% dell’inflazione generale, il +30% dell’inflazione alimentare e, in particolare, il +19% dei fast food. Gli elementi che hanno inciso maggiormente sull’evoluzione dei prezzi degli ultimi 8 anni sono stati il riso (+52%), le verdure (+42%), la frutta (+40%) e, soprattutto, l’olio di oliva con un +90%.

La corsa del prezzo dell’olio, poi, non accenna a rallentare. E’ proprio l’olio, infatti, ad emergere come il bene con la variazione percentuale tendenziale più alta tra i beni monitorati dall’Istat, registrando un aumento del +46,2% a febbraio 2024.

Gabriel Debach, market analyst di eToro, commenta: “Se in passato ad incidere erano i rincari del gas, degli effetti della guerra in Ucraina e dei cambiamenti climatici, ad oggi El Niño è il nuovo colpevole.

Un elemento significativo è stato il clima eccezionale. Il 2023 ha segnato l’anno più caldo mai registrato a livello mondiale e il 2024 sta seguendo questo percorso. Il Servizio Copernicus sui Cambiamenti Climatici (C3S) ha confermato che il 2023 è stato l’anno solare più caldo nei dati di temperatura globale disponibili, risalenti al 1850. La temperatura media globale è stata di 14,98°C, superando di 0,17°C il precedente record del 2016. Le condizioni climatiche legate a El Niño hanno amplificato la situazione, causando un rapido riscaldamento dell’Oceano Pacifico dopo tre anni consecutivi di perturbazioni climatiche opposte legate a La Niña”.

Il record dell’olio dell’oliva

A soffrire maggiormente questa evoluzione il prezzo del “nuovo oro giallo”, ossia l’olio d’oliva. I dati provenienti dal Fondo Monetario Internazionale indicano che il prezzo dell’olio di oliva ha raggiunto livelli record. Questo aumento vertiginoso ha avuto inizio nel 2022 e nel corso del tempo ha continuato ad intensificarsi.

In Italia, i prezzi dell’olio di oliva extravergine hanno superato i 9,5 € al chilogrammo all’origine, registrando un aumento del 57,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Secondo le stime del Consiglio Oleicolo Internazionale (IOC), per la prima volta in quasi vent’anni, il mondo produrrà meno di 3 milioni di tonnellate di olio d’oliva. In particolare, nella campagna 2022/23, la produzione dovrebbe attestarsi a poco più di 2,7 milioni di tonnellate, rispetto alle 3,4 milioni di tonnellate dell’annata precedente. Ovvero un calo di quasi il 20% rispetto alle previsioni.

L’Unione Europea, il principale produttore, consumatore ed esportatore di olio di oliva, ha registrato una produzione di 1,5 milioni di tonnellate nella stagione 2022/2023, rappresentando circa il 55% della produzione mondiale, nonostante un calo del 33% rispetto all’anno precedente. I principali produttori sono la Spagna (con una quota mondiale del 28,6%), la Grecia (12,8%) e l’Italia (8,6%). La produzione di olio di oliva in Spagna è tornata ai livelli del 2012/13, a poco più di 700.000 tonnellate. In Italia, si prevede che i raccolti scenderanno a 235.000 tonnellate, il minimo dal 2018/19. Tuttavia, c’è un dato significativo in controtendenza: i produttori greci hanno previsto il raccolto più abbondante dal 2006/07, con 350.000 tonnellate di olio d’oliva, nettamente superiore alla media quinquennale di 262.000 tonnellate.

Debach conclude: Le previsioni non sono ottimistiche per il futuro del settore. La produzione mondiale di olio di oliva prevista nel 2023/24 è in diminuzione rispetto alla campagna olearia precedente, registrando un calo del 6,3%. Inoltre, i volumi complessivi sono al di sotto di oltre il 20% rispetto ai target minimi considerati necessari per un corretto equilibrio tra domanda e offerta. Questo scenario rischia di prosciugare gli stock globali prima dell’inizio della nuova stagione di raccolta delle olive per la produzione di olio, secondo quanto riportato dalla Commissione europea sul mercato dell’olio.”