Pochi giorni fa la Commissione Europea, in un documento ufficiale da sottoporre al vaglio di esperti e delle altre istituzioni comunitarie, indicava l’energia nucleare, insieme al gas naturale, come “utile per la transizione green”. Ne avevamo già parlato in passato qui e qui.

Le reazioni alla proposta della Commissione UE

Le reazioni, a livello di stati, sono state immediate. Il Lussemburgo ha definito la bozza “una provocazione dal punto di vista procedurale” e “in termini di contenuto nasconde il rischio di un greenwashing”. L’Austria è pronta a far causa, giudicando “l’energia nucleare pericolosa e non rappresenta una soluzione nella lotta contro la crisi climatica”. Ma anche il neo governo tedesco che sembrava in prima battuta aver già bocciato la proposta (a Capodanno sonso state spente tre delle ultime sei centrali nucleari, mentre le altre tre cesseranno di produrre energia a fine 2022) ha poi annunciato che non chiederà modifiche sostanzialialla bozza.

I prossimi passi

Le tempistiche le riassume un articolo del Corriere della Sera. Entro il 12 gennaio gli esperti sono ancora in tempo per fornire loro contributi e pareri, poi la commissione entro fine mese adotterà il documento definitivo. Successivamente il Parlamento europeo e il Consiglio avranno quattro mesi per esaminare il documento e, qualora lo ritengano necessario, per opporvisi. Entrambe le istituzioni possono richiedere ulteriori due mesi di tempo per l’esame. Il Consiglio avrà il diritto di opporsi a maggioranza qualificata (è necessario almeno il 72% degli Stati membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione Ue) e il Parlamento europeo a maggioranza semplice (ossia almeno 353 deputati in plenaria). Una volta terminato il periodo di controllo e ammesso che nessuno dei colegislatori si opponga, l’atto delegato (complementare) entrerà in vigore e si applicherà.

Trasformare i sistemi energetici

“La situazione attuale può fornire importanti riflessioni sulla trasformazione dei nostri sistemi energetici” spiegano Peter Schnellhammer Investment Research Analyst di Aquila Capital e Klaus Dieter Naumann, membro dell’advisory board di Aquila Capital, società di investimento e di sviluppo di asset focalizzata sulla generazione e la gestione di asset essenziali.

“Nonostante i grandi progressi nello sviluppo delle capacità rinnovabili in Europa, sostenuti dalla superiorità economica delle tecnologie, la dipendenza dalle fonti fossili rimane alta. Sia l’economia sia le famiglie stanno soffrendo sotto il peso crescente dei prezzi dell’energia. La domanda globale di energia in rapido aumento e le riserve fossili limitate stanno inasprendo la concorrenza sul mercato mondiale. Oltre al petrolio, che continua a dominare di gran lunga il settore dei trasporti, il gas sta diventando il fulcro dei recenti sviluppi. Gli sforzi globali per frenare il cambiamento climatico stanno portando a un massiccio aumento della domanda di gas a causa della chiusura delle centrali elettriche a carbone e della concentrazione sulle energie rinnovabili”.

La flessibilità e le emissioni apparentemente più basse rispetto alla produzione di energia da carbone fanno del gas un elemento complementare per le forniture discontinue delle energie rinnovabili. Le previsioni sullo sviluppo della capacità delle centrali elettriche a gas in Europa evidenziano come questa materia prima continuerà a rivestire un ruolo importante come tecnologia ponte, in aumento del 50% entro il 2050. La capacità delle centrali a gas di coprire i picchi di carico (“gas peaker”), cioè di compensare una produzione rinnovabile troppo bassa, dovrebbe più che triplicare nello stesso periodo. La domanda potrebbe essere notevolmente più alta in caso di cambiamenti significativi delle condizioni meteorologiche.

“Sebbene gli elevati oneri per famiglie e industria pesino sul consenso verso la transizione energetica, va notato che il contributo delle energie rinnovabili ha finora smorzato l’impatto dell’aumento del prezzo del gas di circa 33 miliardi di euro” proseguono i due esperti di Aquila Capital.

“Le vere soluzioni che ridurrebbero la dipendenza dell’Ue dalle importazioni di energia stanno nel ripensare la strategia a lungo termine. Per esempio, l’immagazzinamento tramite batterie può attenuare le fluttuazioni nella produzione da energie rinnovabili e quindi ridurre il ricorso supplementare ai combustibili fossili”.

L’interconnessione dei mercati europei

Il passaggio che potrebbe far fare un salto al problema è così rappresentato da una espansione dell’offerta di energia rinnovabile che deve procedere di pari passo con l’interconnessione dei mercati europei.

“In questo contesto manca purtroppo un approccio europeo comune e oggi appare incerta la chiusura prioritaria delle moderne centrali a carbone in Europa occidentale, in quanto contrasta con l’ampliamento e la protezione in termini di competitività delle tecnologie obsolete in alcune aree dell’Europa dell’Est. Un approccio diversificato dal punto di vista regionale e tecnologico da parte dell’Ue punta a un percorso che si concentra sulla produzione e sulla distribuzione di energie rinnovabili in funzione del clima e delle risorse. In questo processo, sarebbe altresì possibile uniformare la generazione variabile delle energie rinnovabili, aumentando nettamente la sicurezza dell’approvvigionamento”.

Le tecnologie del fotovoltaico solare, dell’eolico e dell’idroelettrico, che sono correlate negativamente, come pure le differenze regionali tra la forza del vento sulle coste settentrionali e l’elevato irraggiamento solare a Sud, si completano a vicenda.

“Rispetto all’obiettivo di autosufficienza, l’interconnessione dei Paesi membri consentirebbe di ridurre di dieci volte i requisiti di stoccaggio per l’elettricità rinnovabile e la capacità aggiuntiva delle centrali elettriche fossili” concludono.

Di Massimiliano Malandra

Co-founder di questo sito. Analista fondamentale e quantitativo, socio Aiaf e giornalista professionista dal 2002. Esperto di approccio risk parity. Autore di vari libri.